CAGATORI D'ABRUZZO
di Gabriele Merdunzio
Settembre, andiamo. È tempo di cagare.
Ora in terra d’Abruzzi i cagatori
lascian gli stronzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han cagato profondamente ai cessi
alpestri, che sapor d’acqua natìa
rimanga ne’ culi esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sciolta diarrìa.
Rinnovato hanno culo d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar dello sfintere!
Ora lungh’esso il litoral scoreggia
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la cupa lana
che quasi dalla merda non divaria.
Isciacquìo, scorreggìo, dolci romori.
Ah perché non son io co’ cagatori?
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