Nei magazzini di una celebre casa editrice francese sono saltati fuori moltissimi volumi di un'opera sconosciuta del celebre filosofo J.P.Sartre.
Il testo, dal titolo "Me rut le cul" (mi rutta il culo, ndr) sembra offrire una visione revisionista della prospettiva esistenzialista che ha reso celebri le teorie esistenzialiste di Sartre. Il grande pensatore si pone alla fine le domande fondamentali, eluse dall'esistenzialismo: essendo la scurengia un atto semiotico, qual'è il suo significato? Domanda che ovviamente ne sottende un'altra, epistemologicamente superiore, e che riguarda lo statuto ontologico del culo.
"Che caz est le cul?" (che cazzo è il culo?) si chiede il filosofo, ed elabora le sue risposte a partire proprio da una posizione gnostica che scarta ogni tipo di elucubrazione ermeneutica ed ogni sofismo dialettico. Puntualmente rigoroso come sempre Sartre si pone come un nuovo Eraclito di fronte al clinamen del culo. Culo e "non culo" non si fronteggiano solo come paradigmi dialettici, ma come lembi di una vera e propria "magna quaestio" destinata ad influenzare tutte le defecazioni da oggi all'avvenire.
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