Clamorosi consensi ha fatto registrare la presenza di Tarzan Picazzo Bloomfield alla Biennale dell'Arte di Brandogneuna. Con un'opera a sorpresa dal titolo "Scroto-merdone-diarrea: dimenticata 936" Tarzan Picazzo riporta all'attenzione del pubblico e della critica i temi immortali del culo e della merda fornendone però due iperboliche visioni, ovvero "merdone", che è assai più contingente e assiomatico di "merda", e "diarrea", intendendo con ciò la merda in una delle sue forme più estreme. Tutti si sarebero aspettati che quale epigono di questa diade apparisse il culo, intendendosi l'organo come il propulsore della sopracitata merda. Ma il Bloomfield ancora una volta spiazza non solo il pubblico, ma anche l'intelligencija, introducendo lo scroto come elemento anomalo, che è presente all'attto del cagare pur non prendendovi pèarte e restandone un neutro spettatore. Ecco quindi che il Bloomfield ci traghetta da una visione novecentesca di artista-culo, autore e partecipe del processo artistico, ad un artista-scroto, semplice testimone oculare del fatto artistico, rappresentato dalla merda.
Difficilmente si potrà aggiungere qualcos'altro a quest'opera assoluta, che sempbra porre fine non soltanto alla diatriba tra significante e significato, ma ache a quella tra culo e merda, essenti l'uno nell'altra entrambi coinvolti nel processo del cagare, tale per cui non esiste più un culo e una merda ma un culo-merda e una merda-culo, materie coinvolte in una dialettica gordiana cui solo un nuovo organo può porre un tentativo di sintesi, che è la fine dell'arte del culo.
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